5.12.13

Oceani e carbonio




Il sole si fa breccia nel cielo sopra di noi durante la traversata atlantica di ritorno.
Copyright: Y.Chavance/Tara Expéditions



Mentre il nostro tour dell’Artico volge ormai al termine, e Tara torna a Lorient con i congelatori pieni dei migliaia di campioni di plancton raccolti, una domanda risuona costantemente nella mente dei giornalisti e del grande pubblico venuto a visitarci durante gli scali: che ne è del cambiamento climatico? Sebbene il clima non sia il nostro immediato oggetto di studio, noi però studiamo gli organismi che si trovano nel cuore della macchina climatica. Per fare chiarezza sul tema è necessario innanzitutto analizzare i legami esistenti tra oceani e carbonio.

Si sa, il riscaldamento globale sperimentato dalla Terra da un secolo a questa parte è in gran parte dovuto al rilascio di carbonio nell'atmosfera. Ma ancora dobbiamo dire di quale carbonio stiamo parlando. Il carbonio è in realtà un atomo, il cui simbolo è C, che può essere presente in diverse molecole aventi ciascuna proprietà molto diverse. Nella forma di biossido di carbonio o anidride carbonica (CO2, ovvero un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno), per esempio, si tratta di un gas serra potente che intrappola i raggi infrarossi nell'atmosfera, facendo salire il termometro. È la stessa anidride carbonica che esce dai nostri polmoni ogni volta che espiriamo, come avviene in tutti gli animali del pianeta. Respirando, il nostro corpo trasforma l'ossigeno (che in realtà è ossigeno biatomico o molecola di ossigeno indicato con il simbolo O2) in CO2. Allo stesso tempo, sul nostro pianeta, molti organismi fanno esattamente il contrario: grazie all'acqua e alla luce, la fotosintesi permette di produrre ossigeno consumando CO2. È il caso delle piante sulla terraferma, ma anche del fitoplancton presente negli oceani, per non parlare dei molti batteri fotosintetici. Ma in questo scambio chimico, l'atomo di carbonio non scompare, esso è incorporato in molte molecole di glucosio, che forniscono energia all’organismo. Il plancton, essendo alla base della catena alimentare, e gli atomi di carbonio emessi durante la fotosintesi si ritroveranno gradualmente in tutti gli organismi circostanti. È importante capire che la Terra è in qualche maniera un circuito chiuso o, per dirla con le parole di Lavoisier, un luogo dove “Nulla si perde, nulla si crea, tutto si trasforma”, e dunque poco importa quale sia la quantità di carbonio presente sul pianeta, la questione è invece sapere sotto quale forma, e dove, esso si trovi. Un equilibrio delicato scombussolato dalle attività umane: il carbonio immagazzinato per milioni di anni sotto forma di energie fossili quali il petrolio viene eliminato in pochi decenni dagli strati profondi della Terra per essere rilasciato nell’atmosfera sotto forma di anidride carbonica. Lo stesso discorso vale per i problemi connessi alla deforestazione, dove il carbonio presente negli alberi viene rilasciato nell'aria, quando questi vengono tagliati e bruciati. Ed è per questo che i famosi “pozzi di carbonio” ora si stanno esaurendo.


Gli oceani al centro del clima

Se definire la foresta amazzonica il “polmone verde” del pianeta è normale, gli scienziati si stanno rendendo conto solo ora che anche gli oceani svolgono un ruolo altrettanto importante in tal senso e funzionano come serbatoi di carbonio e fornitori di ossigeno. Si parla allora di pompa di carbonio. In primo luogo, va detto che, da un punto di vista puramente meccanico, l'anidride carbonica si dissolve naturalmente negli oceani. Il fitoplancton, si è visto, trasforma la CO2 in O2 attraverso la fotosintesi. Inoltre, molti organismi planctonici sono anch’essi in grado di trasformare la CO2, non sotto forma di glucosio, ma di carbonati (o più semplicemente gesso). Alcuni protisti, quei piccoli organismi unicellulari che popolano gli oceani, producono un guscio calcareo che si depositerà sul fondo dei mari dopo la morte dell’organismo. Lo stesso vale per tutti gli organismi marini, veri e propri pozzi di carbonio in miniatura, le carcasse e i rifiuti che si depositano sul fondo dell'oceano per formare a lungo andare sedimenti dove si concentra il carbonio lontano dall'atmosfera. Anche i coralli, essendo a loro volta produttori di secrezioni di carbonio, sono delle riserve di carbonio. Così, gli oceani e i loro abitanti, non contenti di assorbire la maggior parte del calore dovuto al riscaldamento globale e di fornire ossigeno all’atmosfera, avrebbero già assorbito un terzo delle emissioni di CO2 legate alle attività umane, sotto forma di carbonio disciolto o minerale.


Un equilibrio delicato

Un giorno però questo gigantesco pozzo di carbonio potrebbe anche rivoltarsi contro di noi se l'equilibrio di questo sistema dovesse rompersi. Ed è proprio ciò che molti scienziati temono. Il riscaldamento climatico sta iniziando a mostrare i limiti della pompa di carbonio degli oceani: in effetti temperature più elevate diminuiscono la dissoluzione di CO2 in acqua, e la capacità di stoccaggio degli oceani (che è ben lungi dall'essere infinita e potrebbe arrivare alla saturazione) potrebbe a sua volta venire notevolmente ridotta. Peggio ancora, il pozzo si convertirebbe in fonte di carbonio, diventando una vera e propria bomba a orologeria. Un'altra conseguenza dell’innalzamento delle temperature è il fatto che alcune specie planctoniche stanno già cominciando a migrare per raggiungere zone più fredde, contribuendo in tal modo alla rottura di un delicato equilibrio che dura da milioni di anni. E da ultimo, l'ultima inquietante scoperta: l'acidificazione degli oceani. A causa della maggiore concentrazione di anidride carbonica, gli oceani stanno diventando sempre più acidi, e ciò ha un impatto ancora poco chiaro su plancton e coralli, ma sicuramente danneggia il corretto sviluppo di un gran numero di specie, con il rischio sempre presente di sconvolgere il delicato equilibrio della pompa di carbonio degli oceani. Per studiare tali effetti e, perché no, per trovare delle soluzioni, dobbiamo prima di tutto capire i meccanismi della pompa di carbonio: quali organismi sono coinvolti, in che misura vi partecipano, quali possono essere le conseguenze di un aumento delle temperature, dell’acidità o della concentrazione di CO2, e così via. È possibile che alcune delle risposte si trovino oggi proprio nei congelatori a bordo di Tara…


Yann Chavance