30.6.13

Un “tour” degli scienziati a bordo



Prima breve sosta scientifica nel tratto Mourmansk-Doudinka. 
A.Deniaud/Tara Expéditions


Il grande blu circonda di nuovo la goletta scientifica. Murmansk è ormai un puntino sulla mappa. Della nostra prima tappa in Russia, rimane solo la polvere nera sul ponte, nonostante le grandi pulizie. Tara naviga ora sul Mare di Barents, ed è in queste acque che gli scienziati hanno calato gli strumenti per la prima breve sosta nel tratto tra Murmansk e Dudinka, in Russia. Lunedi inizia una lunga sosta: due giorni consecutivi di prelievi. Ma prima di entrare nel vivo dei lavori in corso e di immergerci in spiegazioni scientifiche, ecco una rapida panoramica del team di scienziati presenti a bordo. 


Lee Karp Boss. 48 anni. Orono. Stati Uniti d'America. 
Da Murmansk a Dudinka, Lee svolgerà le funzioni di responsabile scientifico. Insieme al comitato scientifico a terra, decide le posizioni delle stazioni di campionamento. Oltre a coordinare il team, preleva i campioni di virus e batteri per il laboratorio umido situato sul ponte. Originaria di Israele, Lee vive e lavora negli Stati Uniti, dove svolge attività di ricerca e tiene corsi sull’ecologia del fitoplancton presso l'Università del Maine. Lee ha già collaborato come responsabile scientifico durante la spedizione Tara Oceans 2009-2012 nella traversata Valparaíso - Isola di Pasqua. 

Stéphane Pesant. 44 anni. Brema. Germania. 
Responsabile scientifico in questo tratto insieme a Lee, Stéphane aiuta nelle operazioni di coordinamento delle stazioni di campionamento e nella raccolta dati. Si occupa anche della rosetta. Nato in Québec, Stephane ha lavorato per tre anni a Brema presso una casa editrice che pubblica testi scientifici di biologia marina. Questo tragitto verso l'Artico è la sua quinta tappa, oltre alla precedente spedizione Tara Oceans. 

Sergey Pisarev. 55 anni. Mosca. Russia. 
Ricercatore di oceanografia fisica, specialista dell’Artico, Sergey è il rappresentante ufficiale della Russia a bordo. Coordinatore scientifico durante il progetto "Damocles", ha navigato a bordo di Tara prima che la barca rimanesse “intrappolata” nel ghiaccio nel 2006. Sette anni più tardi, ritorna a bordo, e ritrova il nostro capitano Samuel Audrain, già incontrato a bordo della goletta nella stazione Barneo. A bordo, Sergey si occupa del campionamento dello zooplancton e della rosetta. Nel tempo libero, "l'unico russo a bordo" dovrà rispondere alle numerose richieste dei suoi compagni di squadra, curiosi di sapere di più sul suo paese e le sue numerose spedizioni nell'Artico. 

Marc Picheral. 50 anni. Villefranche-sur-Mer. Francia. 
Di nuovo al posto di ingegnere oceanografico. Dopo i dieci mesi a bordo durante Tara Oceans, Marc ritrova il proprio posto sul ponte posteriore della goletta dove vengono messe in acqua tutte le attrezzature. Oltre alle manovre durante le soste scientifiche, Marc gestisce il buon funzionamento delle altre apparecchiature di bordo. A Dudinka, sbarcherà per ritornare al suo laboratorio a Villefranche-sur-Mer e passerà il testimone a Claudie, sua collega per quasi trent'anni, che prenderà il comando della strumentazione. 

Claudie Marec. 51 anni. Québec. Canada. 
Dopo 26 anni presso il CNRS a Brest, Claudie ha attraversato l'Atlantico per lavorare presso il laboratorio Takuvik (Università Laval-CNRS) in Québec. Lì, gestisce la strumentazione dedicata alle misurazioni nell'Artico, principalmente quelle di bloom del fitoplancton a margine della banchisa, nel mare di Baffin. Imbarcatosi a Murmansk, Claudie occupa la posizione di ingegnere oceanografico fino all'ultimo scalo russo, a Pevek. 

Céline Dimier. 35 anni. Villefranche-sur-Mer. Francia. 
Per gli appassionati di Tara Oceans, le presentazioni sono superflue. Céline ha trascorso quasi due anni sul ponte di Tara indossando i suoi stivali di sicurezza e i suoi guanti di gomma. Ingegnere biologa, Celine si occupa del campionamento dei protisti per il laboratorio umido, situato sul ponte. A bordo dall’uscita del porto di Lorient, sbarcherà a Dudinka per far ritorno sul versante canadese a Tuktoyaktuk. 

Joannie Ferland. 30 anni. Québec. Canada. 
La più giovane del gruppo, al suo primo viaggio a bordo di Tara, Joannie lavora con Claudie nel laboratorio Takuvik. Per otto anni, ha partecipato alle campagne della prestigiosa "ArcticNet" nell'Artico canadese, a bordo del rompighiaccio "NGCC Amundsen". Su Tara, Joannie di occupa di imaging e ottica nel laboratorio secco. 


Anna Garcia Deniaud

26.6.13

Primo contatto con la Russia

A.Deniaud/TaraExpéditions

In base alle istruzioni di Yury, la nostra guida russa, abbiamo risalito il fiume Kol'skiy Zaliv, che porta a Murmansk. Mentre Yury, esperto nel compito, sorvegliava le operazioni di comando o fumava l’ennesima sigaretta, noi ce ne stavamo tutti con gli occhi fissi sulle rive del fiume per assistere allo spettacolo che si offriva al nostro cospetto. Al di là dell'emozione di trovarsi faccia a faccia con queste imponenti navi rompighiaccio nucleari, di cui avevamo sentito parlare così tanto, siamo soprattutto curiosi di scoprire un pezzo dell’immensa Federazione Russa. Trentuno volte più grande della Francia, saremo ospiti di questo paese per più di due mesi.

La quiete e il paesaggio al confine con il Kol'skiy Zaliv sono un lontano ricordo. Da lunedì pomeriggio Tara è ormeggiata nel porto commerciale di Murmansk, in una zona dove le gru non si stancano mai di riempire o di svuotare i ventri delle grandi navi. Ci dovremmo quindi abituare al costante ronzio dei motori, ai colpi di catena nei contenitori, e al fischio della piccola locomotiva tricolore, felice ogni volta di fuggire per un momento a quel campo di polvere. Circondato da montagne di minerali di ferro e carbone, il ponte di Tara perderà gradualmente il suo biancore. Le nostre mani e scarpe iniziano ad assomigliare a quelle dei minatori.

Tara rimarrà ferma sulla banchina numero 16 per cinque giorni. Fin dai primi momenti, ci siamo resi conto di quanto sarà difficile comunicare qui. Solo Vincent Le Pennec, un nostro assistente, e Celine, la nostra cuoca, avevano tentato, prima di partire per la spedizione, di imparare questa lingua. Ma, per la costernazione di tutto l'equipaggio, i due addetti hanno dimenticato quasi tutto! E la speranza di essere capiti in inglese è vana. L'episodio dell’ormeggio ha – in un certo grado - dell’epico. Ciascuno tirando le cime degli ormeggi dalla sua parte - gli ospiti sulla banchina, e noi, gli invitati, sul ponte. C'è mancato poco che scoppiasse una lite. Una cima in ogni mano, Marc Picheral è stato rimproverato senza potere nemmeno replicare, o eseguire l'ordine che gli era stato impartito in maniera secca. Fortunatamente, dopo aver attraccato la goletta correttamente, solo la tensione delle cime degli ormeggi si è accentuata, tutte le altre si sono disperse.

Dopo poche ore, le autorità russe ci hanno fatto visita. Non ci è voluto molto per sbrigare le pratiche... Dopo aver timbrato i documenti, abbiamo finalmente potuto visitare Murmansk, la città più grande dell’Artico, con oltre 350 mila abitanti. Fuori il sole era radioso, le temperature erano intorno ai 25° C. Oggi, addirittura 29° C, un record dopo molti anni! Per lasciare il porto in ebollizione, abbiamo costeggiato la ferrovia, dove passa la piccola locomotiva tricolore. A ogni nostro passo si sollevava una nuvola di polvere nera che ricadeva pesantemente sulle nostre tracce. Avevamo percorso circa un chilometro fino a che un posto di blocco ci ha sbarrato la strada. Abbiamo dovuto mostrare che avevamo tutte le carte in regola. Il controllo non è durato a lungo… Ci hanno autorizzato a entrare in territorio russo.

25.6.13

Una missione unica: tutti i giorni insieme a noi!




F.Latreille/Tara Expéditions



francetv nouvelles écritures, France3, Thalassa e Tara Expéditions presentano il sito «Tara Live Arctique» visitabile da oggi all’indirizzo: www.francetv.fr/tara


Seguite la spedizione Tara Oceans Polar Circle dal vivo su Internet. Ogni giorno troverete le immagini e le foto inviate dal team a bordo di questa incredibile avventura scientifica e umana: 25.000 chilometri sul Mar Glaciale Artico. Le immagini “grezze”, non elaborate provengono da quattro telecamere situate in vari punti della goletta. Per maggiori informazioni sulla spedizione, fare clic qui (in francese o inglese).


Grazie all’"immagine del giorno", potete seguirci ogni giorno anche su Instagram e Twitter: #TARAexpeditions.

22.6.13

Il passaggio a Capo Nord

A.Deniaud/TaraExpéditions
Dopo l’ascolto delle arie di fisarmonica per la festa della musica, sabato pomeriggio abbiamo superato Capo Nord, sotto un cielo ondeggiante. Coccolati dalla Corrente del Golfo*, abbiamo potuto ammirare sul ponte di Tara le leggendarie falesie, approfittando di temperature miti, intorno ai cinque gradi. Più di 180 miglia nautiche, e ora sventoleremo una nuova bandiera di cortesia, i colori della Russia prenderanno il posto di quelli della Norvegia…

Il porto di Tromsø è ormai lontano, ma sarà ricordato come una piacevole tappa della spedizione Tara Oceans Polar Circle. Sotto un sole radioso, Tara si è intrufolata tra i fiordi della Norvegia, in attesa del solstizio d'estate, in quella che per molti viaggiatori è la tappa finale o il sogno del loro viaggio: Capo Nord. 71° 09 Nord e 25° 47 Est. Come suggerisce il nome, questo capo si trova nel punto più a nord d'Europa. Come Capo Horn o il Capo di Buona Speranza, anche se meno pericoloso, doppiare questo capo è un’impresa leggendaria per chi naviga. Così abbiamo tirato fuori le macchine fotografiche e scritto su un piccolo foglio di carta la data e il luogo, per immortalare il momento per sempre. Curiosamente, ci siamo avventurati verso l'ingresso della baia per guardare più da vicino queste scogliere rocciose, su cui è ancora visibile la neve di un bianco immacolato e una vegetazione verdeggiante che sta tentando di far valere i propri diritti dopo i lunghi mesi invernali. L’escursione è stata piacevole, ma il dovere ci chiama e così abbiamo preso la rotta di Murmansk. A sostegno di questa nostra saggia decisione, il sole si è assentato un momento per lasciare posto a un acquazzone. Abbiamo raccolto il bucato steso sul ponte posteriore della goletta, e ci siamo riuniti attorno al tavolo per un buon pasto. Appagati dalla piacevole giornata trascorsa, eravamo ben lungi dall'immaginare che un'altra sorpresa ci attendeva a poche miglia nautiche di distanza.

Mentre eravamo seduti a tavola, Nicolas de la Brosse, ufficiale sul ponte di Tara, aveva iniziato in solitudine il suo quarto di guardia notturna in timoneria. Quarto di guardia notturna, il termine ha certamente poco significato in mezzo a queste interminabili giornate, ma il compito rimane essenziale. Brevemente. Durante il suo turno di notte Nicolas ha osservato uno strano fenomeno all'orizzonte. "Fin dall'inizio del turno, ho avuto difficoltà a valutare le distanze, la linea dell'orizzonte era offuscata. Tutt’a un tratto, ho visto il cargo rosso a tre miglia nautiche da noi, il triplo in volume, per poi scomparire in soli trenta secondi." Per mettere a tacere le sue allucinazioni, ci invita a unirci a lui sul ponte. Sotto i nostri occhi attenti e sotto gli obiettivi delle telecamere, il fenomeno si ripete. Forse un miraggio, l’effetto Novaja Zemlja probabilmente! L'effetto Novaja Zemlja, dal nome russo dell’arcipelago del Mar Glaciale Artico fra il Mar di Barents e il Mar di Kara, è stato osservato per la prima volta nel 1596 dai naufraghi dell’esplorazione di William Barents, celebre navigatore ed esploratore olandese. Non è nient’altro che un miraggio atmosferico polare. In circostanze particolari, l'atmosfera si trasforma in guida di onde, cioè guida i raggi luminosi del sole su una traiettoria insolita. A causa di questo fenomeno che Gerrit de Veer, uno dei membri dell'equipaggio della spedizione Barents la cui barca è rimasta bloccata tra i ghiacci, osservò durante l'inverno polare, il sole sorge due settimane prima della data normale. Senza alcun dubbio, questa spedizione artica non ha ancora finito di sorprenderci!

Anna Garcia Deniaud

*Corrente del Golfo: corrente marina calda dell’Atlantico che tempera i climi litoranei dell’Europa del Nord-Ovest.

21.6.13

Sam, Capitano delle acque gelide.

Addio Tromsø (Norvegia), direzione Murmansk (Russia). Questo viaggio tra i fiordi, Tara e Samuel Audrain lo conoscono bene. Nel 2006, prima di iniziare la deriva artica, goletta e marinaio avevano già affrontato insieme la stessa rotta. All'epoca Samuele era un semplice marinaio. Oggi, è il capitano!

A.DeniaudGarcia/TaraExpéditions
Da Tromsø a Dudinka, è a Samuel Audrain che tocca prendere il comando della goletta scientifica. Come per Loïc Vallette, suo predecessore, anche per Samuel si può dire che sapesse condurre una barca a vela ancora prima di camminare! Per lui, il mare è un parente stretto. In famiglia, lo zio ha rimesso in funzione i vecchi impianti. Il bisnonno era un capitano di lungo corso all’epoca in cui il vapore ha iniziato a fare ombra alla vela. La zia, fotografa di mare. Il nonno trascorre il tempo libero a bordo del Jacaré, un melody di dieci metri…

Sulle onde della Loira, a pochi chilometri da Nantes, Samuel sperimenta giovanissimo lo hobby cat 16 e il windsurf. "Avevo solo dieci anni quando mio zio mi ha iniziato alla tavola. Non ero abbastanza pesante per sollevare la vela, così mi ha dato uno zaino pieno di bottiglie d'acqua." A sedici anni, il "marinaio di acqua dolce" ha fatto il suo primo viaggio, dalla Grecia al sud della Francia, insieme al nonno. Dopo un’avventura così bella è difficile fare marcia indietro. Samuel diventa monitor alla scuola dei Glénans, poi si butta sul brevetto di vela, prima di ottenere un Brevetto di Padrone del Diporto alla Vela (BPPV). In Gran Bretagna e alle Antille, il giovane trascorre il suo tempo sull’acqua o sott’acqua!

Grazie al diving, Samuel entra per la prima volta in contatto con il mondo delle esplorazioni. A Clipperton ha occasione di partecipare a una spedizione di Jean-Louis Etienne, il famoso esploratore francese, ex-proprietario di Antarctica, l’attuale Tara. La spedizione Clipperton consiste nel fare un inventario della flora e della fauna dell'atollo. Sam fa parte della squadra logistica subacquea. "Mi sono reso conto che mi tuffai senza sapere veramente cosa fosse l’immersione.». Per rimediare a questa lacuna, al ritorno si iscrive a un corso di formazione subacquea per professionisti.  Con questa doppia formazione alle spalle, Sam conosce Etienne Bourgois, presidente di Tara Expeditions. Jean-Louis Etienne gli aveva parlato di lui…

Samuel ha convinto ancora una volta! Nel 2005, si è imbarcato sulla goletta polare. Dopo una sosta a Capo Verde, giunge nella Georgia del Sud per una missione scientifica per studiare il ritiro dei ghiacciai, le procellarie e i leoni marini. Una seconda missione in Georgia del Sud, poi un cantiere a Lorient, e infine a bordo di Tara per guidare la barca fino all'ultimo scalo siberiano, prima di incontrare la banchisa. "Siamo passati attraverso gli stessi luoghi: Tromso, Mursmansk… È bello tornare qui, la gente ci riconosce!". Allora l’appassionato di vela comincia seriamente a tenere d’occhio le macchine. "Ho subito capito che su Tara la parte meccanica è molto importante!". Sperando in un  reimbarco futuro, Samuel torna a scuola per imparare la meccanica.

Con il diploma di meccanico per imbarcazioni fino a 750KW in tasca, il desiderio si fa sentire maggiormente. Si unisce di nuovo all’equipaggio di Tara nella deriva artica. Rimane undici mesi a bordo come meccanico. Pochi giorni prima della partenza, in veste di subacqueo, Samuel trova un nuovo pericoloso avversario da superare: il ghiaccio. Si fonderà completamente! Gli scricchiolii della banchisa non lo fanno desistere. Nel 2010, durante Tara Oceans, Sam intraprende la spedizione "Under the pole” (Sotto il Polo). L'obiettivo della missione: filmare sotto il ghiaccio artico. Nell’aereo canadese che lo porta fino al Polo Nord, Samuel nota l’adesivo di Tara. "Era  lo stesso pilota che ci aveva portato lì per la deriva! " Il mondo dell’esplorazione non è così grande…

Insaziabile avventuriero e studioso, Samuel diventa nel 2011 Capitano 500. Oggi ha tutte le qualifiche e l'esperienza necessaria per prendere il comando di Tara. Così, quando Roman gli offre di imbarcarsi come capitano in una spedizione intorno al Circolo Polare Artico, Tara Oceans Polar Circle, capite bene che il professionista della navigazione e l’appassionato dei ghiacci non può dire di no! Il resto della storia verrà scritta nei prossimi giorni…
Anna Garcia Deniaud

19.6.13

La testimonianza di Lionel Guidi (Villefranche/CNRS), scienziato capo a bordo di Tara, nel tratto tra Lorient e Tromso.

Y.Chavance/TaraExpéditions
È stata una delle migliori missioni a cui ho avuto modo di partecipare. Tara, essendo una barca a vela che a priori potrebbe rappresentare un ostacolo in una missione oceanografica, è stata fortemente adattata alle nostre esigenze, grazie a una serie di migliorie apportate quali il laboratorio umido o il laboratorio secco.

La partenza da Lorient il 19 maggio è stata incredibile e rimarrà uno dei ricordi più belli della mia carriera scientifica. Questa missione per me non è stata solo un’avventura scientifica, ma anche una vera e propria avventura umana. Tutta l’équipe di Tara, a terra e in mare, ha fatto tutto il possibile per facilitare il nostro lavoro.

L'equipaggio (Loïc, Samuel, Daniel, François, Louis, Dominique) era eccezionale, sempre pronto ad aiutare e a mettere in funzione tutti i mezzi per garantire che il lavoro avvenga nelle migliori condizioni. Dominique, la nostra cuoca, aveva verso di noi mille attenzioni (tè, cioccolata calda, snack e molto altro) e si prendeva cura di noi tutti i giorni, sono piccoli dettagli che rendono più gradevole il lavoro sul ponte, di per sé duro e svolto in condizioni difficili. A bordo regnava una vera e propria atmosfera collegiale, e la coesione tra scienziati e marinai è reale e molto efficiente. Il fatto che la scienza partecipi ai doveri della vita in barca (lavare i piatti, fare le pulizie, i turni di guardia e così via) è certamente un fattore promotore di tale coesione. Dopo un mese a bordo abbiamo la sensazione di essere parte di una "famiglia".

Per concludere, l'unica cosa impossibile con Tara è non aver voglia di reimbarcarsi!
Lionel Guidi

14.6.13

Tara in Norvegia

Da qualche ora si sente già il profumo della terra. Un gran daffare a bordo, tutti gli orologi regolati sull’ora norvegese, aumenta il numero di barche attorno a noi, e da ieri sera si avvistano all’orizzonte le prime cime innevate. Dopo varie ore di navigazione, Tara è arrivata venerdì a mezzogiorno a Tromsø, nel nord della Norvegia.

Tara a Tromsø. Y.Chavance/Tara Expéditions

Sotto il sole radioso di questa fine mattinata, Tara penetra finalmente nei fiordi norvegesi. Da una parte e dall’altra della goletta, alcune colline verdeggianti si immergono nel mare, lasciando intravedere in lontananza le alte cime innevate.  Dopo alcune ore, il braccio di mare si restringe consentendoci di vedere le prime case di legno, che appena contrastano con il loro aspetto grandioso. Attorno a un piccolo isolotto, il leggendario Hurtigruten, il famoso servizio di traghetti costiero norvegese, ci doppia. Non importa, siamo tutti sul ponte per vivere le nostre prime ore norvegesi al nostro ritmo. Presto saremo a Tromsø.

Dopo il nostro breve passaggio alle isole Faroe, due settimane fa, questa sosta norvegese rappresenta il primo vero e proprio scalo della nostra spedizione. Un’intera settimana attraccati in porto, il tempo di recuperare dell’altro materiale, e soprattutto di effettuare il cambio dell’equipaggio. Durante questa settimana, a undici persone, fra marinai e scienziati, verrà dato il cambio, sostanzialmente a quasi tutto l’equipaggio. Uno scalo importante da un punto di vista logistico, quindi, ma anche di grande portata simbolica. Tromsø, per statuto e storia, è una tappa obbligatoria in una simile spedizione verso l’Artico.

La città conobbe il suo massimo splendore nel periodo d'oro dell'esplorazione polare. Tromsø era allora una vera e propria porta verso l'Artico, mitico punto di partenza per tutti gli esploratori leggendari come Amundsen e altri, le cui gesta sono raccontate nel grande museo polare della città. Oggi, Tromsø detiene ancora un posto centrale nella regione artica, da un punto di vista scientifico. L'università, una delle più a nord del mondo, riceve migliaia di ricercatori e studenti interessati nelle regioni polari. Inoltre ha sede qui l'Istituto polare norvegese. L'Istituto norvegese funge da autorità per tutte le questioni relative alla ricerca scientifica nell’Artico: la biodiversità degli ecosistemi marini, il cambiamento climatico, l'oceanografia e così via.

Da un punto di vista politico, infine, Tromsø ospita anche un ufficio permanente dell’Arctic Council. Questa organizzazione intergovernativa che raggruppa tutti gli stati che si affacciano sul Mar Glaciale Artico è un esponente di primo piano per lo sviluppo, la tutela delle popolazioni indigene, la salvaguardia dell'ambiente e la politica di gestione nella regione. Con una tale importanza per l'Artico, era inevitabile che questa città di 65.000 abitanti a 300 chilometri dal Circolo Polare Artico diventasse una tappa fondamentale della nostra spedizione.
Yann Chavance

13.6.13

Gli strumenti di Tara: il CPR

A bordo della goletta, tra la marea di dispositivi elettronici, microprocessori e circuiti stampati, il CPR (Continuous Plankton Recorder) sembra un oggetto di un'altra epoca. Una struttura in metallo, dei rotoli di seta, un’elica e degli ingranaggi, questo semplice meccanismo è rimasto praticamente invariato da quasi un secolo, sempre con la stessa efficacia.

Dal 1930, centinaia di traghetti, cargo e altre navi si sono già trascinati dietro nella loro scia questa grande scatola di metallo di quasi 100 chili. Una ragione di questo successo è probabilmente la facilità d'utilizzo del CPR: basta mettere in acqua questa robusta scatola attaccandola all’estremità di un cavo, a pochi metri di profondità, e recuperarla a bordo pochi giorni dopo, piena zeppa di organismi planctonici. Il principio di questo apparecchio non è molto complicato. Un piccolo foro nel guscio esterno consente all’acqua di mare di entrare per poi passare tra due rotoli di seta. L'acqua viene così filtrata, intrappolando il plancton tra due sottili strisce di seta. Il tutto è infine raccolto nella formalina sul retro. Basta poi  cambiare i rulli di seta, una volta srotolati per riprodurre l’operazione.

J.Collet/TaraExpéditons

Per far funzionare questo meccanismo, non occorre nessun motore o chip elettronico. Il flusso dell'acqua generato dalla velocità della barca aziona una piccola elica che fa ruotare in modo continuo i rotoli di seta attraverso un abile gioco di ingranaggi. Questa semplicità tuttavia ha qualche  svantaggio  in quanto rallenta una nave come Tara, poco veloce. Ma questo è il prezzo da pagare per raccogliere in modo continuativo un gran numero di dati completamente nuovi. Perché se molte navi hanno usato questo sistema in passato, nessun CPR era mai stato utilizzato nel Mar Glaciale Artico. La nostra spedizione intorno al Polo Nord è quindi un'occasione unica per completare i dati globali già raccolti in tutto il mondo.

A bordo di Tara, tre CPR sono stati incorporati per i sette mesi della spedizione. Dopo ogni stazione, un CPR viene messo in acqua, fino alla sosta successiva. Gli organismi intrappolati nella formalina saranno poi inviati alla Sir Alister Hardy Foundation per Ocean Science (SAHFOS), la fondazione che analizza i dati dei CPR in tutto il mondo. I risultati saranno messi a disposizione della comunità scientifica, tra cui i laboratori coinvolti nel progetto Tara Oceans Polar Circle, e andranno a integrare la ricchezza di dati forniti da altri strumenti di misurazione a bordo di Tara.

Yann Chavance

10.6.13

Nelle acque dell'Artico



Y.Chavance/Tara Expéditions
La terza lunga sosta per effettuare campionamenti, e il cui termine è previsto per lunedì, offre agli scienziati una buona visione d'insieme delle condizioni che li attendono per il resto della spedizione. Proseguendo la nostra rotta verso nord, dopo le Isole Faroe, le temperature sono inevitabilmente scese sotto lo zero.

Dopo il mal tempo incontrato poco dopo la partenza da Lorient, le condizioni metereologiche sono rimaste ottimali con temperature relativamente elevate per queste latitudini, mare piatto, cielo azzurro appena offuscato da un paio di giorni di nebbia, insomma, un momento perfetto per lavorare sul ponte posteriore di Tara. Dopo la lunga sosta della settimana scorsa, gli scienziati a bordo hanno approfittato del meteo favorevole per effettuare una sosta quotidiana breve. Ogni giorno, la goletta si fermava qualche ora per raccogliere quante più informazioni sulla massa d’acqua sottostante: temperatura, salinità o presenza di nutrienti in superficie. Per una settimana, i vari sensori della spedizione hanno permesso di analizzare il più finemente possibile le diverse masse d'acqua attraversate.

Domenica è partita la terza lunga sosta di questo inizio spedizione che segna la ripresa dei prelievi di campioni di plancton; stavolta però in condizioni molto più difficili per i sei scienziati al lavoro sul ponte posteriore. A 76° di latitudine nord, le temperature si aggirano intorno agli zero gradi, e non manca l'arrivo di qualche fiocco di neve che si posa sulla rosetta. La temperatura dell'acqua non è molto più alta. In queste condizioni, gli strati di abbigliamento aumentano per coloro che si alternano sul ponte, e non mancano cappelli e guanti. Periodicamente appare in cucina uno degli scienziati completamente congelato che viene a riscaldarsi con una bevanda calda, prima di tornare di nuovo a immergere la rosetta o la rete in acqua…

Questa terza sosta segna anche il vero ingresso della spedizione nelle acque artiche. Dopo una prima tappa alle Isole Faroe nell'Oceano Atlantico, una seconda la settimana scorsa nelle calde acque della corrente dell’Atlantico settentrionale, con questa terza sosta abbiamo finalmente lasciato questa corrente per andare a incontrare le fredde acque del Mar Glaciale Artico. Alla fine, le prime tre stazioni di campionamento, collegate tra loro da brevi soste quotidiane, hanno permesso di studiare qualsiasi variabilità offerta da questa regione, tra le acque calde del Golfo e quelle fredde del Polo. Per gran parte dell’equipaggio, da poco sostituito a Tromsø, in Norvegia, gli ultimi giorni di lavoro a bordo hanno il sapore della soddisfazione: missione compiuta per questa prima tappa.

Yann Chavance

7.6.13

Sotto il sole di mezzanotte

Nonostante la foschia che da qualche giorno lo tiene nascosto, il sole non tramonta più sul ponte di Tara, limitandosi a scendere timidamente verso l'orizzonte prima di tornare di nuovo in cielo. Questo giorno perpetuo, anche detto giorno polare o sole di mezzanotte, è dovuto ai complessi movimenti della terra intorno al sole.
 
Y.Chavance/TaraExpédition

Per comprendere il fenomeno, immaginate una lampadina fissata al suolo, che fa le veci del sole. Ora prendete una trottola tonda, attraversata da un’asticella di metallo dall’alto (Polo Nord) verso il basso (Polo Sud). La trottola, ossia la Terra, gira intorno alla lampadina descrivendo un cerchio quasi perfetto. Ci impiegherà 365 giorni per completare il giro attorno al suo sole, girando su se stessa ogni 24 ore. In ogni momento, metà della trottola riceverà quindi la luce, mentre l'altra metà rimarrà al buio.

La durata del giorno è dovuta a un altro fattore. L’asticella di metallo, corrispondente all’asse di rotazione, non è perfettamente perpendicolare al terreno. In altre parole, la vostra trottola è leggermente inclinata con un angolo di circa venti gradi. A un certo punto della rotazione intorno alla lampadina (solstizio d'estate), la parte superiore della trottola sarà rivolta verso la luce: è estate per l'emisfero nord, le giornate si allungano. Sei mesi più tardi, durante il solstizio d'inverno, sarà la parte inferiore a essere rivolta verso il sole: d’inverno infatti si accorciano le giornate nell'emisfero settentrionale, ed è estate a sud dell’equatore.

Infine, durante il solstizio d'estate, quando l’emisfero settentrionale è rivolto verso la luce, date un’occhiata alla zona intorno all’asticella di metallo che fuoriesce dalla parte superiore della vostra trottola (Polo Nord). A causa del suo asse di rotazione leggermente inclinato, vediamo che questa zona è costantemente esposta alla luce, anche quando la parte superiore della trottola gira su se stessa: si tratta del giorno polare, il polo non potrà mai essere al buio. Allo stesso tempo, l'area intorno all'asticella di metallo della parte inferiore della trottola (Polo Sud) è costantemente immersa nella notte polare.

Ai due poli, il giorno polare dura sei mesi, mentre la notte si prolunga per gli altri sei mesi dell'anno. Più ci allontaniamo da queste latitudini estreme, meno il fenomeno dura nel tempo. Per definizione, il Circolo Polare Artico è la latitudine più bassa dove il sole non tramonta per almeno 24 ore nel giorno del solstizio d'estate e non sorge il giorno del solstizio d'inverno. Nell'altro caso estremo, all'equatore, la durata del giorno è la stessa durante tutto l'anno. Per Tara che trascorrerà la maggior parte della spedizione oltre il Circolo Polare Artico, il giorno polare scaccerà la notte per molte settimane.

Gli strumenti di Tara: l’UVP

Per continuare la serie dedicata agli strumenti presenti a bordo di questa spedizione ci soffermeremo nuovamente sulla rosetta e spiegheremo in dettaglio un dispositivo di imaging: l’UVP (Underwater Vision Profiler).




Tra le bottiglie di campionamento della rosetta c’è un intruso, un bizzarro strumento: un lungo cilindro di metallo verticale che sovrasta due cilindri orizzontali. Se la scritta "UVP" presente sul dispositivo non dice nulla al neofita, per gli specialisti, l’acronimo evoca un potente sistema di imaging integrato in grado di contare e misurare tutte le particelle superiori a 100 micron, ovvero un decimo di millimetro. Tra queste particelle, c’è anche il piccolo zooplancton, il famoso plancton "animale", anche detto "neve marina".

Il nome risale al 1960, quando i primi sottomarini che guardarono la superficie marina videro una moltitudine di particelle scendere come neve verso il fondo. Queste particelle in realtà sono pezzetti di materia organica: carapaci di zooplancton, frammenti di fitoplancton morto e altri rifiuti organici di ogni tipo. Questa neve marina è particolarmente importante per il clima del nostro pianeta, infatti tutte queste particelle contengono carbonio che potrebbe sedimentare sul fondo dell'oceano e diventare petrolio. Una vera trappola al carbonio, che imprigiona sul fondo gran parte del carbonio atmosferico.

Per studiare la quantità di particelle, la loro distribuzione e dimensione, ma anche la velocità con cui scendono verso il fondo marino, è quindi necessario uno strumento fatto su misura. Per molto tempo, le cosiddette "trappole di sedimenti", specie di raccoglitori di particelle collocati sotto la superficie, erano gli unici strumenti in grado di quantificare questa neve marina. Nel 1989, il laboratorio di oceanografia di Villefranche-sur-mer si occupò del problema e creò un primo prototipo di UVP. Una ventina di anni più tardi, lo strumento si rivelò un successo, e dal 2010 viene commercializzato. Durante la spedizione Tara Oceans, la goletta poteva vantare di avere a bordo il primo prototipo di UVP.


Ma cosa si nasconde dietro a questo strumento innovativo?
L’UVP è composto da una telecamera "intelligente" collegata a un computer in grado di contare e misurare tutte le particelle che vi passano davanti. Se sono presenti particelle di grandi dimensioni superiori a 0,5 mm, l’UVP memorizza le immagini interessanti per analizzarle in seguito. Per visualizzare le particelle che passano davanti all’obiettivo, i due cilindri orizzontali proiettano un sottile fascio di luce: solo le particelle che passano attraverso la luce di due centimetri di spessore saranno visibili alla telecamera. Inoltre è possibile collegare all’UVP molti altri sensori per rilevare altri parametri quali la profondità.

Durante tutto il tempo in cui la rosetta scende sott’acqua, l’UVP scatta in media diecimila immagini, fino a dieci foto al secondo. Gli scienziati raccolgono moltissimi dati sulla quantità di particelle incontrate, la loro dimensione e profondità. Ciascun tipo di particella può quindi essere associato a una velocità di movimento verso il basso, fornendo informazioni preziose sul carbonio nel fondo dell’oceano. Ma gli ingegneri che hanno ideato l’UVP non intendono fermarsi qui. Il loro prossimo obiettivo è migliorare questa telecamera intelligente affinché sia in grado di individuare in tempo reale le particelle incontrate.

Yann Chavance

3.6.13

Tara passa il Circolo Polare Artico

Domenica 2 Giugno 2013 alle 23:07 e 41 secondi esatti, secondo i dati del GPS a bordo, Tara ha superato un traguardo simbolico di questa spedizione intorno al Polo Nord: la traversata del Circolo Polare Artico. Una frontiera invisibile degnamente festeggiata.

Y.Chavance/Tara Expéditions
Da qualche giorno i pronostici sulla data e l'ora di questo famoso passaggio si facevano più certi. Giorno dopo giorno, il computer di bordo dava previsioni sempre più accurate: il passaggio del Circolo Polare Artico avverrà domenica sera. Per via di una lunga fermata prevista per la mattina successiva, molti sono tornati in cabina a malincuore, ma qualche coraggioso ha voluto festeggiare questo momento. Alle 23, ora a bordo, siamo otto i "taranauti" che ci siamo raccolti in timoneria, gli occhi incollati allo schermo del GPS. Fuori, un sole timido riluttante a tramontare. Restano all'orizzonte poche ore, non abbastanza per immergere il ponte nell’oscurità.

Poco prima si era acceso un dibattito a proposito dell'esatta latitudine del Circolo Polare Artico: 66°33 o 66°34? Ognuno si è tuffato nei libri e nelle carte a bordo alla ricerca delle migliori argomentazioni. Abbiamo finalmente deciso di fermarci a 66°33 Nord. Anche se nessuna linea appare magicamente all'orizzonte, tuttavia questa latitudine corrisponde a un confine che non è affatto arbitrario: è la zona in cui il sole non tramonta mai almeno un giorno all’anno, durante il solstizio d'estate. Il numero di giorni polari quindi aumenta gradualmente andando sempre più nord.

Infine, il GPS visualizza la latitudine fatidica: 66°33 Nord. Sul ponte, il piccolo gruppo immortala l’istante su un cartello creato per l'occasione con le proprie mani. C’è da dire che attraversare questa linea invisibile, come quella dell'equatore, è sempre un traguardo simbolico per un’imbarcazione. Ma la dimensione simbolica è ancora più sentita in una spedizione come la nostra intorno all'Artico. Riattraverseremo questo confine solo fra cinque mesi, quando ci lasceremo alle spalle la Groenlandia per arrivare in Québec. Ma allora il passaggio sarà da nord a sud, e segnerà la fine del nostro periplo tra i ghiacci.

Yann Chavance